La Caritas, prima ancora che servizio è annuncio

L’intervento di monsignor Enrico Feroci, direttore della Caritas di Roma, alla presentazione del Programma Pastorale 2014-2015

Buonasera.
Chi mi conosce sa che mi presento spesso come il “presta parola” dei poveri della nostra Chiesa di Roma. Anche questa sera desidero essere voce per dire grazie. Grazie innanzitutto al nostro Cardinale Vicario per l’attenzione che da sempre ha messo e mette per realtà dei poveri della nostra città, vicinanza soprattutto a coloro che sono i più bistrattati e non considerati dalla società.
Ringrazio anche tutti coloro che sono qui presenti. I collaboratori – don Luciano Meddi e il Prof. Paolo Merlo – che ci hanno dato la loro scienza e la loro sensibilità umana e spirituale e grazie a voi che siete venuti qui questa sera. Ci auguriamo che simili incontri possano far crescere la nostra fede perché cresce l’attenzione verso i poveri.
La parola grazie quindi è la parola che sottostà al nostro incontro. Rendiamo sempre grazie al Signore nostro che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale in Cristo Gesù.

IMG_3978Sento però l’esigenza di dare delle spiegazioni.
Qualcuno, credo, si sarà meravigliato nel vedere il poster che abbiamo inviato alle parrocchie per invitare tutti voi ad essere qui questa sera. Nel manifesto c’è scritto: Caritas diocesana: Programma pastorale 2014 – 2015.
Programma pastorale della Caritas!
Dicevo : qualcuno si sarà meravigliato perché probabilmente queste parole non corrispondono alle attese.
Ci si sarebbe aspettato che nel manifesto ci fosse scritto: incontro della Caritas diocesana per far conoscere i servizi che nell’anno pastorale 2014 /2015 la Chiesa di Roma svolge.
Abbiamo volutamente messo: Programma pastorale. Perché?
Perché crediamo fermamente che la Caritas prim’ancora che servizio è un annuncio. Un annuncio di Gesù Cristo. Andate, parlate di Gesù, – ci ha detto Papa Francesco – se non ci riuscite utilizzate pure le parole!
Le parole di Papa Francesco sono la sintesi di quanto la Caritas deve fare. Se torniamo indietro nel tempo e ripensiamo a quello che Papa Paolo VI ( il beato Paolo VI) con una intuizione felicissima, ha detto quando ha ‘istituito la Caritas nel 1971 vi troviamo che il pensiero di fondo è lo stesso. “La Caritas diocesana….dovrà essere prevalentemente strumento per creare una cultura della solidarietà, privilegiando la scelta educativa prima di quella operativa; i destinatari primi dell’azione della Caritas non sono i poveri, ma tutta la comunità che si mette al servizio dei poveri”.

Il primo compito della Caritas è educativo, pedagogico.
Perché Paolo VI ha orientato in questo modo la Caritas?
Noi possiamo dire:  Era scontato che la Chiesa si occupasse dei poveri, che fosse a contatto con i poveri. Servisse i poveri. Nella storia della Chiesa abbiamo avuto esempi straordinari di uomini e donne di fede che hanno messo i poveri al centro della loro vita.
Permettetemi di ricordare realtà antiche. Santi del IV secolo.
Pammachio, senatore romano della famiglia dei Furii,…si convertì…E quale fu la prima risposta all’adesione a Cristo? San Paolino di Nola ci racconta: “Riunì tutti i poveri di Roma a banchetto nella Basilica di S.Pietro che non fu sufficiente a contenerli tutti in modo che i poveri occuparono anche l’atrio e la piazza;….Distribuì le sue sostanze ai poveri ed insieme con Fabiola edificò un grande ospizio per i pellegrini a Porto, alle foci del Tevere…E’ morto nel 409

Fabiola era della famiglia nobilissima dei Fabii. Dalla sua vita “Quando si convertì si presentò tra i penitenti nell’atrio della basilica del Laterano alla presenza del Papa, del clero e di tutto il popolo. Mise in vendita i suoi possedimenti e i suoi gioielli per dedicarsi tutta ad opere di carità. Fondò in Roma il primo ospedale prodigandosi ella stessa a tutti i servizi più umili, sostentò monasteri, vestì i poveri non solo a Roma, ma nei Volsci e in tutte le isole del Tirreno. Con Pammacchio apri a Porto un ospizio per i pellegrini. Morta nel 399

E… Basilio vescovo di Cesarea in Cappadocia.
Basilio diede straordinario sviluppo alla beneficenza, organizzando ospizi per l’assistenza delle varie categorie di bisognosi nelle singole circoscrizioni locali amministrate… e soprattutto nel capoluogo della diocesi, ove sorse per opera sua quasi una seconda Cesarea, una città della carità, che il popolo chiamò Basiliade. Morto nel 379

La fede, come vedete porta alla nascita delle opere. E ovvio. Il nostro compito è quello di amare Dio e quindi Gesù che è il volto umano di Dio.., ma non si può amare Dio se non si ama il fratello ( San Giovanni ci ricorda: .. .Se uno dice: “Io amo Dio” e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. 21E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello….” Ma anche non si ama il fratello se non si ama Gesù…

Qui sorge la domanda: Paolo VI ha sentito l’esigenza di sottolineare e di volere la Caritas come concentrata più sull’animazione che sul servizio.
Forse perché quelle opere che nascevano per i poveri non lo erano più? Avevamo perso i poveri? Erano rimaste solo opere di assistenza?
Papa Francesco ci viene in soccorso. Al n. 200 dell’Evangeli Gaudium dice: “desidero affermare con dolore che la peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale. L’immensa maggioranza dei poveri possiede una speciale apertura alla fede; hanno bisogno di Dio e non possiamo tralasciare di offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede. L’opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un’attenzione religiosa privilegiata e prioritaria”.

E’ necessario, quindi, ritrovare Gesù. L’anno scorso il Cardinale Vicario ha voluto, prima della affermazione che ogni battezzato è responsabile della fede che ha ricevuto, ha voluto mettere la frase “Cristo, tu ci sei necessario!”. E’ Lui la porta, è Lui la via. Il nostro non è un umanesimo. Non è corretta nemmeno la frase che dice che il cristiano “è colui che ama il prossimo suo come se stesso”. Gesù l’ha superata. Il cristiano è colui che segue Cristo e lo imita perché è parte del suo corpo. E come lui, ama il fratello, anche se nemico, perché è fratello…
Guardando Cristo, l’uomo nuovo, l’uomo pienamente realizzato, è possibile un’umanità nuova, una storia nuova, dove la legge delle relazioni è quella stessa divina, cioè la Caritas.
Paolo VI ha voluto che nascesse la Caritas perché avevamo servito i poveri, lasciandoli lì, magari seguiti da coloro che animati da buona volontà, a nome e per conto della comunità cristiana, li assistevano.
Paolo VI ha voluto la Caritas per recuperare i poveri e renderli protagonisti.
Ha voluto questo organismo perché la preoccupazione della Caritas non si esaurisse nell’assistenza ai poveri ma che avesse in primo luogo lo scopo di animare (rendere soggetto attivo) il popolo di Dio verso un impegno di testimonianza dell’amore ricevuto. Il senso di tutto questo è racchiuso in quella formula statutaria che ho già citato, e che richiama alla “prevalente funzione pedagogica” ogni Caritas.

Successivamente però, dobbiamo dirlo per onestà, la Chiesa ha privilegiato l’annuncio del Cristo glorioso, vincitore, forte e solido piuttosto che la strada del Cristo uomo, accogliente, compassionevole, propositivo.. Elemento necessario a questo gioco i movimenti: aggregazioni laicali ben inquadrate e disponibili.
In questo stile la Caritas ha assunto un ruolo accessorio: utile certo (come fare senza!) ma non centrale. La periferia funzionale nella quale la Caritas si è collocata è quella del soccorso sociale, dell’assistenza; della capacità della Chiesa di essere forte anche su questo campo. Si è dimenticata l’animazione del Popolo di Dio! Non importa se a fare le opere sia la comunità ecclesiale nel suo insieme oppure qualcun altro; non interessa che la crescita e la costituzione della comunità si realizzi anche attraverso l’incontro e la relazione con il disagio e la solidarietà. Allora l’assistenza è resa da agenzie, enti o organizzazioni “fidate”, da cooperative. Non importa se a governare tali organizzazioni sono le logiche di mercato piuttosto che il Vangelo.

Da qui mi sembra che ne scaturisca la ovvia riflessione per ognuno di noi OGGI, per la Caritas diocesana, per le Caritas parrocchiali, ma anche per tutti i battezzati che desiderano con cuore sincero incontrare il Signore: la mia azione è mossa dalla mia fede? O meglio dalla mia azione si può comprendere l’amore di Dio per ogni uomo? La Caritas è l’organismo messo all’angolo nelle parrocchie, voluto e sostenuto da alcuni pensionati? E’ sistemato in fondo alla chiesa dove le pie donne distribuiscono i pacchi viveri? La Caritas ha qualche relazione con l’evangelizzazione, con la catechesi, con la formazione umana e cristiana dell’uomo?

Grazie a Dio qualche piccolo, timido tentativo si sta facendo. Vi arriverà la lettera “Iniziazione cristiana ed educazione alla carità” scritta dai direttori degli uffici pastorali del Vicariato, le stanze da dove ogni organismo dirige le sue truppe. Si è compreso che la pastorale deve essere unitaria e che ogni organismo non può vivere di forza propria senza confrontarsi con gli altri, perché la Caritas come risposta concreta ai bisogni delle povertà nuove e vecchie, è solo una parte rispetto all’animazione complessiva della comunità cristiana sul territorio.

Per concludere sintetizzo: La fede ci fa capire che l’uomo è creato a immagine di Dio; ma dietro ad ogni uomo c’è la immagine di Cristo.
La Caritas è evangelizzazione attraverso l’azione..
Quindi la Caritas non è un’associazione, un gruppo di volontariato, un’agenzia di formazione, un’organizzazione di solo intervento, un centro documentazione, un ente gestore, un movimento…

Affermare che la Caritas non è un gruppo caritativo e che il suo specifico non è in senso stretto l’azione diretta nei confronti dei poveri ma l’educazione di tutti i membri della comunità alla carità vissuta nella condivisione può restare solo una bella dichiarazione di intenti; il problema è proprio come incidere sul concreto di una parrocchia perché ciò avvenga. Sappiamo come l’educazione sia una delle arti più difficili e rischiose, che chiede a educatori e educandi di «giocarsi» in quello che fanno.

Lo specifico della Caritas è educare facendo e facendo fare: tutto un modo di valorizzare le opere di carità che già si compiono e di proporne di nuove affinché un numero sempre maggiore di persone, di famiglie e di gruppi siano coinvolti e non ci sia più chi non si impegna dicendo di non sapere che cosa fare. Il ruolo profetico delle comunità parrocchiali in risposta alle nuove forme di povertà dovrebbe giocarsi proprio nell’orizzonte di speranza tracciato dal salmo 85 che, in risposta alle preoccupazioni anche angosciose del credente, annuncia una visione della vita in cui giustizia e carità si incontrano, riconciliate nei frutti di pace che la terra torna a donare.