Dopo l’emergenza… l’abbandono

La grave situazione a Roma, l’impegno della Caritas, le testimonianze dei rifugiati, le proposte per il futuro: un dossier in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato

Manifestazione dei rifugiati afghani  senza tetto.Manifestation of Afghan refugees homeless
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Mamara è arrivato a Roma diciassettenne, un ragazzo fragile e vulnerabile a causa delle violenze subite nel suo paese di origine, il Mali, per le quali ha sviluppato una forma di balbuzie piuttosto acuta che si manifesta soprattutto quando vive momenti di tensione. Dopo un percorso di cura e formazione durato oltre tre anni, attualmente lavora part-time come facchino in un hotel del centro e frequenta un corso di informatica.
Ramsi è arrivato invece dalla Siria, in fuga dalla guerra, lasciando la sua ben avviata attività commerciale e tutti i suoi averi. Insieme alla moglie e ai due ragazzi ha potuto frequentare un corso di primo livello di italiano e ricevere un sostegno per l’affitto.

Sono le “storie” che ogni giorno si presentano al Centro Ascolto Stranieri della Caritas di Roma e che il tema della Giornata Mondiale del Rifugiato 2014, “Una storia dietro ogni numero. Ogni storia merita di essere ascoltata”, che si celebrerà il 20 giugno, ci invita a far conoscere.
Storie che a Roma sono racconti di solidarietà e accoglienza, ma anche storie di sofferenza, emarginazione, abbandono e discriminazione.

In occasione della Giornata del Rifugiato la Caritas di Roma presenta un dossier informativo sulla situazione di emergenza presente nella Capitale, in cui settemila richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale vivono in ricoveri di fortuna, stabili occupati, accampamenti “informali”. Tra loro anche donne e bambini.

ELe risposte messe in campo per superare la crisi degli arrivi seguita alla primavera araba e i flussi straordinari degli ultimi mesi sono stati occasione per potenziare in Italia un Sistema di accoglienza (Sprar) che, seppur non ancora capace di risposte sufficienti per tutti quelli che richiedono protezione, rappresenta una misura coordinata e strutturata. A questo andrebbe affiancato un sistema di monitoraggio nazionale dei percorsi sociali di tutti i richiedenti e titolari di protezione internazionale sul territorio, attraverso una banca dati che consenta il raccordo tra i diversi territori di accoglienza e minimizzi il rischio di assenza/duplicazione di interventi dovuti a mancanza di coerenza e consequenzialità del percorso di ciascuno.
Una riforma decisa dell’intero sistema è un presupposto indispensabile per non svuotare di senso e di efficacia gli interventi che le singole Amministrazioni locali sono chiamate a predisporre per rispondere alle emergenze che attualmente insistono sui loro territori.

Dopo l’emergenza non bisogna lasciare sole le persone che hanno ricevuto la protezione internazionale.