Educare alla fede per essere testimoni di umanità

Si è concluso il 36° Convegno nazionale delle Caritas diocesane con oltre 600 delegati in rappresentanza di 220 Diocesi. 

“Responsabilità certamente nell’accoglienza ai poveri, ma anche educativa, animativa, culturale ed ecclesiale nel discernere il tempo presente”. Questo il compito degli animatori della carità emerso nel corso del 36° Convegno delle Caritas diocesane che si è svolto dal 15 al 18 aprile a Montesilvano (Pescara).
L’incontro “Educare alla fede per essere testimoni di umanità”, cui hanno partecipato oltre 600 operatori di 220 Diocesi, ha visto anche la presenza di 11 rappresentanti della Caritas romana guidati dal direttore, monsignor Enrico Feroci.
Il Convegno ha avuto come riferimenti di fondo l’Anno della fede, il decennio sull’educare della Chiesa Italiana, gli orientamenti dati da papa Benedetto XVI nel quarantesimo di fondazione della Caritas e le prime indicazioni di Papa Francesco.

Portatori di speranza mediante l’educazione
Gli obiettivi sono stati quelli di far prendere consapevolezza ai partecipanti dell’importanza di educarsi per educare a una fede che si rende “operosa per mezzo della carità” e fornire contenuti e indicazioni che vadano a sostanziare le attività di carità portate avanti dalle Caritas diocesane sul territorio.
“Occorre riconoscere e ridirci il valore di quella che a volte definiamo come la rete Caritas in Italia” ha sottolineato il direttore di Caritas Italiana, don Francesco Soddu. “Questo Convegno – ha aggiunto don Soddu – non finisce oggi: ricomincia domani nel lavoro che ci attende, è un viaggio che continua in una chiesa della carità, in un paese solidale e accogliente”.
Infine il direttore di Caritas Italiana ha ricordato che “in un mondo che cambia, con le crisi che si alternano e si susseguono, siamo sempre chiamati ad essere segno e portatori di speranza mediante l’educazione secondo la pedagogia dei fatti che tende a mettere in evidenza primariamente l’aspetto testimoniale”.

L’incontro con Dio nella storia quotidiana
Monsignor Bruno Forte, Arcivescovo di Chieti-Vasto, ha proposto ai partecipanti una relazione di orizzonte teologico-pastorale, “per educare alla fede, alla scuola dei Magi”.
Il vescovo ha introdotto il convegno cercando di rispondere al quesito « È possibile educare, se la fede è un dono? E, se è possibile, su quale fondamento lo si può affermare alla luce dal disegno divino rivelato nella storia? Come educare se stessi e gli altri alla fede?». Per rispondere a questi interrogativi, monsignor Forte ha proposto sei tappe del cammino “alla scuole dei Magi”.
Due aspetti ha in particolare ha sottolineato l’Arcivescovo traendo spunto proprio dai Magi: «l’incontro con Dio non fa evadere dalla storia, dagli impegni della quotidianità e dalle responsabilità a cui si è stati chiamati. Il ritorno dei Magi al loro paese dice precisamente questo, escludendo ogni concezione consolatoria della fede, che ne faccia un rifugio per sottrarsi ai propri doveri e alla rete di amore, in cui ciascuno è posto». L’altro elemento che il racconto ci fa capire è che «il ritorno alla vita ordinaria dopo l’incontro con il Signore avviene per un’altra strada. Si è gli stessi, eppure non più gli stessi, se si è vissuto l’incontro col Dio vivente. Ormai, non c’è Erode che tenga per trattenere chi ha incontrato il Signore nella logica dell’egoismo e dell’avidità che tutto rapporta alle brame del proprio io».

Operatori competenti e testimoni credibili
«Abbiamo bisogno di operatori competenti e testimoni credibili: oggi soffriamo la distanza tra operatori che dimenticano l’anima quando diventano esperti addetti ai lavori e testimoni sensibili che però non hanno strumenti e sono bollati come anime belle».
Così il prof. Leonardo Becchetti, docente di economia, nella sua relazione sull’orizzonte socio-economico, ha rilanciato l’esigenza di formazione e di identificare vie di partecipazione economica e politica attraverso i quali tutti i cittadini possono essere protagonisti del cambiamento verso il bene comune. Ha insistito anche sull’urgenza di identificare nelle esperienze delle amministrazioni locali le migliori pratiche e le soluzioni politico-amministrative innovative sperimentate per la soluzione della crisi in tema di fisco e famiglia, sussidiarietà e welfare, responsabilità sociale d’impresa, difesa della vita.
Diverse le possibilità di partecipazione responsabile: bilanci partecipati, flash mobs, consumo e risparmio responsabile, gruppi acquisto solidale. Un dato su cui riflettere, ha detto l’economista, è che «ben il 46% dei consumatori globali è disposto a pagare di più per prodotti e servizi di aziende che hanno sviluppato programmi di responsabilità sociale».
Becchetti ha poi focalizzato lo sguardo sugli effetti della crisi in Europa, evidenziando la necessità di riconfrontarci sulla nostra visione di Europa e sull’urgenza di nuove regole a livello internazionale per il bene comune. In un quadro in cui il welfare è sempre più marginale «i singoli attori devono avere la forza di alzare lo sguardo dall’urgenza delle loro incombenze quotidiane per coordinarsi in alcune azioni sistemiche se non vogliono rischiare di avere sempre più feriti da curare con sempre meno risorse a disposizione».
«C’è bisogno – ha concluso – di un ponte tra i due mondi, dobbiamo essere il fiume che scorre tra le due rive sensibilizzando i competenti e dando competenze ai sensibili». Nella consapevolezza che «carità significa volere il bene dell’altro, …mettere il povero in condizioni di essere dono, dare dignità, opportunità di inclusione, pari opportunità, diritti ma anche doveri».

Il “discernimento comunitario”
I partecipanti al convegno hanno approfondito le relazioni confrontandosi in cinque ambiti “per il discernimento comunitario”: migranti, famiglie, giovani, persone che vivono forme diverse di solitudine, persone che sperimentano dipendenze.
Sono state poi presentate alcune esperienze significative su questi stessi ambiti da parte di Caritas di varie diocesi.