A Roma, la Mafia si arricchisce con l’azzardo “legale”

Toni Mira, inviato di Avvenire, all’indomani dell’operazione “Jackpot” curata dalle Forze dell’Ordine, propone una riflessione sul sistema azzardo e le mafie nella Capitale.

“Sono stati del tutto frustrati gli intendimenti del legislatore che, con le liberalizzazioni del 2003 e con i successivi provvedimenti, intendeva accrescere l’offerta di gioco per attirare e fidelizzare i giocatori al sistema del gioco legale e drenare così risorse alla criminalità. La diffusione del gioco è sì aumentata ma progressivamente, ed anzi esponenzialmente, è aumentata l’infiltrazione della criminalità mafiosa”.

Così scriveva già nel 2014 la Procura nazionale antimafia nella sua Relazione annuale. L’ultima conferma è arrivata con l’operazione “Jackpot” (nome non scelto a caso…) della Dda di Roma, incentrata sulla figura del boss Salvatore Nicitra, ex Banda della Magliana, legato a molti clan romani. “Io sono un boss – dice in un’intercettazione -, metto macchinette e slot machine dove voglio”.

Il “re di Roma Nord” non si limitava a imporre le sue macchinette ma faceva affari con tutte le forme di azzardo, in particolare con le scommesse online. Lo aveva scritto la Procura nazionale avvertendo che la criminalità organizzata “sta acquisendo quote sostanziose del mercato del gioco”. Grazie anche ad “un’imprenditoria collusa a sua volta legata ad ambienti istituzionali”. Quattro anni dopo, la Commissione parlamentare antimafia, nella Relazione finale scriveva che nell’azzardo legale, “la criminalità mafiosa ha operato enormi investimenti, acquisendo e intestando a prestanome sale deputate al gioco, ma anche inserendosi nell’organigramma delle società di gestione degli esercizi”. Si tratta di attività formalmente legali, gestite però con metodi e capitali criminali.

ll procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho ha più volte ripetuto che “quello del gioco d’azzardo, assieme al traffico di sostanze stupefacenti, oggi appare l’affare più lucroso col quale rimpinguare le casse delle cosche”. Reati “facili”, molto remunerativi ma sui quali è difficile indagare e che sono puniti con pene insufficienti. Eppure ormai ogni inchiesta sugli affari mafiosi, in tutte le regioni, individua come centrale quello dell’azzardo. E più cresce la spesa degli italiani più i clan ci guadagnano.

Toni Mira
Avvenire