Combattere i pregiudizi… sul nascere

manin 3 giugno«Sei una sporca zingara!». «Zingara sarai tu!».
Sono le frasi offensive risuonate all’interno dell’Istituto Comprensivo Manin, durante la ricreazione, tra due bambine di nove anni.
Un litigio, forse per un gioco da condividere, comune tra i bambini di quell’età e che fanno parte del percorso di crescita. Le parole “offensive” pronunciate dalle due bambine, però, non potevano passare inosservate.
La scuola Manin ha notevole esperienza nell’ambito dell’integrazione dei bambini di origine straniera e uno scambio del genere non poteva non suonare come un campanello d’allarme. Lo storico istituto si trova nel cuore del Quartiere Esquilino, il primo a Roma che, affrontando la convivenza fra differenti culture, ha sperimentato modelli di dialogo interculturale e iniziato a sviluppare una cultura multietnica.
Ben conosciuto fra gli addetti ai lavori come una scuola dove si pone molta attenzione al dialogo interculturale come strumento di costruzione di una nuova società, in cui ci sia spazio per tutti.
A preoccupare ancor di più l’insegnante Miriam Iacomini sono state anche le due protagoniste della vicenda: Lili, nata in Cina e trasferita a Roma a due anni, e Aurora, nata a Roma da genitori di cittadinanza senegalese. «Lo stigma legato alla parola “zingaro” dove lo hanno appreso le due bambine? Nelle loro culture di provenienza ha lo stesso significato che da noi?». Questo si sono domandate le insegnanti quando hanno chiesto un confronto con la Caritas di Roma, partner della scuola da molti anni in progetti e percorsi legati all’educazione interculturale con iniziative per favorire la conoscenza reciproca e lavorare intorno ai meccanismi del pregiudizio e della discriminazione.
Dopo diversi confronti con gli insegnanti, la Caritas ha avviato il progetto “Famiglie in movimento le nuove identità in una società interculturale”, cofinanziato dal Fondo Europeo per l’Integrazione (Ap 2013, Az 4): un percorso per affrontare gli aspetti più profondi del pregiudizio e favorire la conoscenza e l’incontro con il mondo rom.
Il progetto si è sviluppato in due fasi. Prima una serie di incontri a cui ha preso parte l’80% degli insegnanti, numerosi genitori e docenti di altre scuole.
CARTELLO LABORAOTRIcon  ALUNNILa sensazione prevalente, confermata dalle domande in plenaria e dagli scambi informali a margine degli incontri, è che il percorso formativo ha permesso ai partecipanti di passare da un mondo di luoghi comuni, se non di pregiudizi, basati sull’estemporaneità delle informazioni, al mettere ordine fra i tasselli delle tante notizie trasmesse dal sentire comune e dai media, e dare spessore e significato agli eventi. Si è, poco alla volta, aperta una finestra sulla complessità del mondo rom, toccando con mano come la storia dei gruppi umani si costruisca nell’interazione con gli altri popoli, in questo caso come le vicende dei popoli romanì siano fortemente influenzate, nel bene e nel male, dalle politiche degli stati ospitanti.
Successivamente, insieme ai docenti, sono stati proposti dei laboratori nelle classi, adattati alle differenti età, con mediatrici rom che nel rapporto diretto con i bambini hanno raccontato la storia e la lingua, la vita quotidiana, le feste, gli stereotipi negativi e le modalità dell’incontro con i “gagé” ( i “non rom”), la vita nei campi, la cultura, religione, poesie, musica.
I bambini si sono sinceramente interrogati sugli stereotipi diffusi e la maggior parte di loro ha sviluppato consapevolezza sulle problematiche della discriminazione subita dalla comunità rom, sia sul piano materiale che della percezione esterna. Alcuni di loro, dopo essersi incuriositi e interessati per la cultura rom, apprezzandone le caratteristiche ed aver gradito il contatto con una donna rom che ha raccontato loro la sua vita, hanno scoperto, quasi per caso, che i rom sono “gli zingari” e quasi non ci volevano credere: gli zingari sono quelli sporchi che rubano e non queste persone gentili e interessanti, che hanno la vita difficile, ma che non perdono la voglia di relazione e la speranza in un futuro più sereno.
Il percorso si è concluso il 3 giugno scorso con una giornata di festa in cui i ragazzi hanno presentato i lavori eseguiti, ballato e giocato insieme a bambine rom e gli adulti hanno condiviso le riflessioni sull’esperienza.

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