Occorre chiamarla per quello che è, povertà abitativa e non emergenza. È tale, infatti, una circostanza, un evento imprevisti che richiedono interventi immediati. Quando invece la grave mancanza di case perdura e si aggrava da decenni, a Roma come altrove, è più corretto parlare di povertà abitativa. Parlarne nel tempo di Natale, all’avvio del Giubileo e con un inverno che morde per chi non ha un tetto decente, ha un significato particolare.
È vero, le persone non sono numeri ma questi sono impressionanti e possono aiutare ad intuire le sofferenze e le ingiustizie che vi si possono celare dietro. Sono quasi 30.000 i nuclei famigliari che hanno richiesto al Comune un contributo per pagare l’affitto; migliaia i provvedimenti di sfratto ogni anno, arrivando nel 2023 a 3.528 (tanti per morosità incolpevole, dovuta cioè all’impossibilità di pagare quanto dovuto!), di cui 2.058 eseguiti; 18.608 le famiglie in attesa di un alloggio popolare a fine 2023, con 7.259 di esse una attesa dal 2013, cioè da 10 anni, mentre erano ancora 778 i nuclei familiari assistiti a carico di Roma Capitale nei residence (circa 1.500 persone). Sono tra i 2.000 e i 2.500 gli alloggi occupati senza titolo. Abbiamo poi gli insediamenti abusivi (es. tende, baracche e giacigli), circa 350 quelli censiti dalla Polizia locale di Roma Capitale nel I semestre 2024. E ci sono quelli senza alcuna abitazione: sono 23.420 “senza tetto e senza fissa dimora” censiti dall’Istat alla fine del 2022 nell’area metropolitana di Roma, 22.162 nella Capitale. Erano 2.204 le persone che vivono per la strada censite al 20 aprile 2024 grazie alla collaborazione tra Roma Capitale e Istat e 1.962 volontari, nella sola area dell’anello ferroviario di Roma, comprese le stazioni ferroviarie di Roma Ostiense, Tiburtina, Trastevere e Tuscolana e nei quartieri residenziali del X Municipio (Ostia). Per circa 70.000 studenti universitari fuori sede che frequentano gli 11 atenei a Roma, l’offerta di alloggi pubblici forniti dall’Ente regionale per il diritto allo studio e alla conoscenza, a Roma raggiunge appena il numero di 2.439. Il che significa per tutti gli altri doversi arrangiare con costi crescenti (per una camera singola siamo sui 500 € mese) e per molti un forte incentivo a rinunciare a studiare a Roma.
Accanto all’inaccettabile condizione delle migliaia di persone che vivono per la strada o in condizioni di estrema precarietà e pericolo, ci sono altri due volti della povertà abitativa che non possono che indignare. Mi riferisco al dilagare degli affitti “brevi” (per i turisti, sempre e, nel 2025, per i pellegrini del Giubileo) che rendono molto di più ai proprietari, rispetto agli affitti “lunghi”, cioè ai regolari contratti di affitto (3 anni + 2) e che stanno stravolgendo il tessuto sociale dimolti quartieri non solo centrali. A luglio 2024 il dossier dell’Istat segnala che in dieci anni, la popolazione residente nel I Municipio è scesa del 38%, cioè di oltre 20.000 persone trasferitisi altrove. Nel mentre sul web l’offerta di affitti brevi arriva a 35.000 tra case vacanza e miniappartamenti, senza considerare il mercato irregolare.
C’è, inoltre, lo scandalo di circa 200.000 appartamenti vuoti, non occupati quindi da nessuno, nel mentre i canoni di affitto continuano ad aumentare (al di là del centro, siamo sui 1.200 € mese per 70/80 metri quadri) e decine di migliaia di famiglie, di persone sono all’affannosa ricerca di un’abitazione dignitosa. Non si affitta, la grande proprietà per speculazione, molti singoli piccoli proprietari perché hanno timore di non vedersi restituito l’appartamento a scadenza del contratto, oppure perché temono il mancato pagamento dell’affitto mensile. Se si è uno straniero tutto si complica, perché la diffidenza domina. Per poter sottoscrivere un regolare contratto di affitto, occorre spesso anche se con un regolare contratto di lavoro a tempo indeterminato, sottoscrivere una polizza assicurativo o una fideiussione bancarie a garanzia.
La povertà abitativa è un insieme di fenomeni complessi che richiedono risposte complesse e responsabili, possibili solo con l’impegno corale, della politica, delle istituzioni, dell’economia e delle comunità locali e che ancora non c’è.
Roma capitale e la Città da sola non possono farcela. Per invertire la rotta serve una grande alleanza per la Capitale e uno scatto diffuso verso il bene comune, per invertire la rotta, per trovare le risorse necessarie e approvare le riforme indispensabili. Ci sono certamente grandi ed ineludibili responsabilità che riguardano le forze politiche (al di là di chi sia al governo oggi o domani, a livello locale, regionale o nazionale), per intervenire sulle cause della povertà abitativa. La politica e le istituzioni sono indispensabili ma lo è pure il richiamo all’esercizio di una responsabilità più diffusa, dei singoli, come delle comunità, di tutti, per recuperare il primato della vita e della dignità delle persone e delle famiglie. Avere un tetto dignitoso non è un optional!
Da dove partire? Tutto e subito non si può. Muoversi in fretta, sì. La priorità, la massima urgenza mi pare sia quella di tirare fuori dalla strada i troppi che vi dormono. Occorre ampliare notevolmente la rete diffusa di primissima accoglienza (il sistema dei drop-in) ed affrontare in maniera pluridisciplinare la questione abitativa, non isolandola cioè dalla questione sanitaria e da quella lavorativa. Occorre, in secondo luogo, bloccare, sospendere almeno nell’anno del Giubileo, gli sfratti, partendo da quelli per morosità incolpevole (l’85% del totale), perché non si può essere ligi per far uscire le persone e non aiutarle a trovare una alternativa dignitosa. Una terza è quella di disincentivare al massimo gli affitti brevi ed incentivare, viceversa, gli affitti “lunghi”, modificando subito le regole a livello nazionale e locale utilizzando anche la leva fiscale.
Con tutta sincerità penso che pure come Chiesa, cioè come popolo di Dio, dobbiamo e possiamo fare molto di più per dare a partire dall’anno del Giubileo della Speranza, effettivi segnali di speranza e per testimoniare una carità intelligente, operosa e soprattutto concreta. Quanti sono tra i proprietari di quelle circa 200.00 case vuote che frequentano le nostre chiese e che potrebbero rendersi disponibili, con le necessarie garanzie e le dovute facilitazioni sul piano anche fiscale, per affittare il proprio appartamento attualmente vuoto? Quante sono le proprietà ecclesiali, mi riferisco pure agli istituti religiosi, che potrebbero meglio conciliare le legittime esigenze di valorizzare il proprio patrimonio immobiliare per trovare risorse indispensabili per sostenere in Italia e nel mondo le proprie esigenze missionarie e di sostegno, con l’esigenza di destinare una parte anche minima del proprio patrimonio abitativo per venire incontro, applicando canoni sociali, calmierati, a tante famiglie senza casa o sotto l’incubo di uno sfratto prossimo all’esecuzione?
Giustino Trincia
direttore Caritas diocesana di Roma