Monsignor Reina: «Don Luigi di Liegro segno di una carità intelligente»

L’amore per i poveri trascende le azioni. Don Luigi Di Liegro, fondatore e primo direttore della Caritas di Roma, ripeteva spesso che aprire una nuova mensa sociale rappresentava un fallimento perché «la risposta non è il pasto da offrire ai poveri ma l’attenzione che dedico loro affinché non arrivino alla mensa, cioè una carità preveniente, una carità intelligente». Lo ha affermato il vescovo Baldo Reina, vicario generale del Papa per la diocesi di Roma, che sabato 12 ottobre nella basilica dei Santi XII Apostoli ha presieduto la Messa in memoria di don Di Liegro, a 27 anni dalla morte, avvenuta all’ospedale San Raffaele di Milano il 12 ottobre 1997.

Rifacendosi alle letture proposte dalla liturgia della domenica – con il racconto evangelico dell’incontro tra Gesù e il giovane ricco -, Reina – che sarà nominato cardinale durante il Concistoro di sabato 7 dicembre – ha sottolineato che «il rapporto con i poveri non può ridursi a cose da fare. Deve essere uno stile di vita, deve incarnare la sapienza della carità». Era questa, per il presule, la spinta che animava il ministero sacerdotale di don Luigi, il prete degli ultimi. «La cosa più intelligente da fare – ha aggiunto il presule – è capire che l’altro è l’opportunità che Dio ci dà per entrare nella vita eterna, è l’intelligenza del cuore».

Proprio per questo, guardando al cambio di rotta proposto da Cristo al giovane ricco, cioè passare dalla ricchezza terrena a quella del Regno, ha parlato di una pericope «provvidenziale». Don Luigi, ha ricordato, «ha lasciato tutto ciò che umanamente si potesse desiderare ricevendo in cambio il centuplo. La sua lezione è attualissima, un insegnamento per noi che siamo preoccupati delle cose da fare. Da una parte abbiamo le emergenze, dall’altra la scarsità delle risorse, la preoccupazione delle cose da fare. Il Signore grazie alla presenza viva di don Luigi – sono ancora le parole di Reina – ci sta dicendo di entrare in una visione più ampia, di cogliere nell’altro, e soprattutto nel povero, una possibilità di vita piena. Don Luigi ci è riuscito, non si è preoccupato delle cose da fare ma di entrare nella sapienza e intelligenza della cura e noi raccogliamo tutta la bellezza della sua eredità e del suo insegnamento».

Continua a leggere su romasette.it

Condividi