Prendersi cura e non criminalizzare i più poveri

Della gravità dell’aggressione subita sabato mattina a Colle Oppio da una donna ospite del nostro ostello di Via Marsala, ci diranno i carabinieri. Serve molta prudenza e senso di responsabilità nel come diffondere certe notizie. Al profondo dolore e alla particolare vicinanza a questa amica, uniamo la netta condanna per l’accaduto.
In questi anni sono notevolmente aumentate le persone “su strada” o in grave precarietà abitativa, per di più con crescenti condizioni di disagio mentale, di malattia psichiatrica o di patologia sanitaria seria, con dipendenza da alcolici o da sostanze. La violenza – dal litigio, all’aggressione – in questo contesto è dunque possibile.
Sono note le paure che comprensibilmente possono colpire il nostro immaginario quando ci si incontra, sempre più frequentemente con i volti di coloro che vivono ai margini e che abitano vie, strade e piazze a Roma come in tantissime città italiane.
È però inaccettabile associare automaticamente queste persone ad un pericolo pubblico, ad un delinquente, ad un criminale. In questo “mondo di scartati” che il nostro tempo riesce così bene a produrre, ci sono sì tante persone in gravi difficoltà ma molte di loro vorrebbero rialzarsi e ripartire, trovare un alloggio dignitoso e magari un lavoro e il reinserimento sociale. Di invisibile questo mondo ha ormai poco; di visibile c’è l’inadeguatezza di quello che si fa con loro e per loro, per tirarli fuori da condizioni di sofferenza umana che se ne scalfiscono la propria dignità davanti agli uomini, la rafforzano davanti a Dio padre.
Va combattuta l’ipocrisia di chi chiude gli occhi di fronte alle cause dell’estrema povertà e preferisce ridurre tutto a quella esigenza di sicurezza che pure va assicurata ai residenti, ai turisti e agli operatori economici. Il principale aiuto che si può dare a quanti operano per chi vive in condizioni di marginalità è lavorare seriamente anche per rimuovere ciò che c’è dietro i drammatici episodi che le cronache riferiscono, a volte con eccessive semplificazioni.
Sono urgenti politiche pubbliche innovative e coraggiose nel campo dell’assistenza sanitaria, del lavoro e dell’abitare, oltre a un deciso rafforzamento della coprogettazione e della coprogrammazione tra le istituzioni di riferimento, la rete dei servizi sociali e le realtà del volontariato e del terzo settore, per assicurare i necessari interventi di cura, di accompagnamento e di assistenza, al di là del pasto e del pernottamento da assicurare a chi ne è privo.
Attenzione, dunque, a non criminalizzare i poveri e gli emarginati; ad evitare facili generalizzazioni e ad auspicare facili soluzioni: c’è una complessità della situazione di cui dobbiamo farci carico tutti. Intanto occorre aumentare decisamente il numero dei posti della prima accoglienza, come da qualche anno Roma Capitale ha iniziato a fare, perché la priorità delle priorità è togliere le persone dalle strade, perché è lì che il degrado nasce, si aggrava e può esplodere. Ben venga anche il censimento dei senza dimora che il Comune insieme all’Istat e a tanti soggetti del volontariato e del terzo settore, noi compresi, hanno realizzato il 20 aprile nella “Notte della solidarietà”.
Occorre però un Piano straordinario a livello nazionale per affrontare i gravi fenomeni dei senza dimora e della vastissima precarietà abitativa che investe tantissime città italiane. I comuni, le realtà del volontariato non possono essere lasciati da soli ad affrontare né l’uno, né l’altro.
Roma ha appena compiuto 2.777 anni! Buon compleanno! Occorre ora non lasciarla sola per renderla sempre più accogliente con le persone, prima ancora che con le strutture e le grandi opere d’arte di cui andiamo orgogliosi.

Giustino Trincia
direttore Caritas diocesana di Roma