L’editoriale del vescovo Di Tolve: «Impariamo a sentire il dolore dell’altro»

Nel nuovo numero di Gocce di Marsala l’editoriale del vescovo Michele Di Tolve dedicato alla Via Crucis di Via Marsala. «Abbiamo voluto sentire i dolori di Cristo, per imparare ad ascoltare i dolori di ogni persona, per imparare a porgere l’orecchio, lo sguardo e il cuore verso tutti coloro che Dio ci fa incontrare».

«Ricordo ancora con viva emozione la Via Crucis vissuta in via Marsala partendo dalla parrocchia del Sacro Cuore fino al centro di accoglienza della Caritas. Ricordo le parole pronunciate dalle persone che hanno partecipato alla Via Crucis, ricordo il rumore dei passi che sentivo in mezzo anche alla Vita che scorreva di fianco a noi. Ricordo soprattutto lo sguardo fisso sulla croce di Gesù da parte di tante persone. Quella croce che non è più soltanto strumento di morte e di sofferenza, ma, da quando Gesù l’ha abbracciata, diventa segno del più grande amore del Figlio di Dio per noi». Sono le parole di Mons. Michele Di Tolve, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma, ad aprire il numero di aprile del giornalino dell’Ostello “Gocce di Marsala”, mensile realizzato dagli ospiti dell’Ostello “Don Luigi Di Liegro”.

«È stato un cammino sulla via della croce – dichiara Mons. Di Tolve – in cui abbiamo fatto delle soste, per pensare e pregare, per riflettere, per riportare al cuore, quindi per ricordare tutti coloro che a volte sono dimenticati, non visti, lasciati sul ciglio della strada, anche se passiamo a loro vicinissimi».

Nel suo editoriale, il Vescovo cita poi alcune frasi della canzone Fango “Fango” di Jovanotti: “L’unico pericolo che sento veramente è quello di non riuscire più a sentire niente”. «Ecco – sottolinea Di Tolve -, con quella semplice Via Crucis abbiamo cercato di scongiurare questo pericolo, il pericolo di non riuscire più a sentire niente, non solo i rumori intorno a noi – bastano un paio di cuffiette che usiamo per ascoltare la musica a tutto volume -, ma rischiamo di non sentire neppure le parole di chi ci parla guardandoci in faccia, di non sentire più la presenza delle persone, di ogni persona. A volte alcuni dicono che fanno questo per proteggersi, per non avere fastidi, ma in questo modo ci si chiude dentro un isolamento mortale».
Pericolo che per il prelato si può scongiurare imparando a “sentire i dolori di Cristo, ad ascoltare i dolori di ogni persona, porgere l’orecchio, lo sguardo e il cuore verso tutti coloro che Dio ci fa incontrare, senza scegliere chi incontrare e chi no, chi ascoltare e chi no, chi vedere e chi no”.

Da qui il riferimento alla Via Crucis come “piccolo segno” ma anche un “segno incisivo”: «Ci ha toccato il cuore vedere la gente che si fermava e si faceva il segno della croce. Ecco, quel segno della croce, fatto in quella circostanza, era un modo per dire: “Io sento, io vedo, io percepisco”. E questo è un segno di speranza».

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