La via Crucis della Speranza

Tempo fa dei volontari dell’ostello “Don Luigi di Liegro” di Via Marsala mi chiesero: “Organizziamo un momento di preghiera in vista della Pasqua, come avviene alla vigilia di Natale?” La Via Crucis della Speranza che la Caritas diocesana di Roma ha organizzato con i Salesiani don Bosco di Roma la sera del 22 marzo, è nata da questa sollecitazione. Nel tempo ha preso poi questa forma, puntando ad una celebrazione non all’interno dei centri della Caritas – l’ostello, la mensa, il poliambulatorio- ma all’aperto, proprio su quella via Marsala che costeggia un lato della Stazione Termini e su cui, ogni giorno, transitano decine di migliaia tra persone ed autovetture: un’analogia tra i tanti rumori e i tanti volti e le molte voci che caratterizzano questo punto nevralgico e i tanti tra rumori, volti e voci che accompagnarono lungo le strade del tempo la Passione di Gesù di Nazareth, fino al suo supremo sacrificio sulla croce per la salvezza di ogni uomo di ogni tempo.

A Via Marsala e dintorni, nell’area della Stazione Termini, da mesi e mesi, se non da anni, convivono forti tensioni e preoccupazioni per la sicurezza e la convivenza pacifica tra una pluralità di soggetti e di punti di vista. I fenomeni che hanno portato negli ultimi mesi all’impennata della tensione sono numerosi e complessi da affrontare e da risolvere, ma hanno un comune denominatore: il tempo, lungo, quello dell’inazione o della sottovalutazione di tali fenomeni, oppure dell’illusione che bastasse qualche blitz e qualche agente in più per arginarli.

Come non dare ragione a chi desidera di potersi muovere, di poter lavorare, di poter vivere nella zona, con adeguati livelli di sicurezza?  La grande colpa secondo alcuni sarebbe dei troppi poveri, dei troppi senza dimora che graviterebbero nell’area e, di conseguenza, delle realtà del volontariato che fornisce loro cura, attenzione e gesti concreti di vicinanza.

È strano come non ci renda conto che questa presenza non può che essere l’effetto e non la causa delle molteplici colpevoli inadempienze che producono oggi conflitti, spaccature, polemiche della più varia natura. Occorre ed è possibile trovare soluzioni giuste, ma va fissato il punto da cui partire, quello della fraternità, dove coloro che dalla vita hanno ricevuto poco o nulla ed oggi si trovano senza un tetto dignitoso, con problemi di salute e con redditi da fame o proprio inesistenti, possano vedersi riconosciuti come persone, titolari di diritti e spesso anche di risorse da mettere a disposizione e non solo come dei problemi da rimuovere o dei soggetti da allontanare dai bagliori delle luci e dei tanti possibili consumi che la stazione Termini suscita ed alimenta senza limiti.

Serve parlarsi ed ascoltarsi, per individuare tempi, modi, risorse necessarie per assicurare quei servizi che oggi non ci sono: penso soprattutto ai punti di assistenza qualificata per chi si trova in strada con problemi di salute mentale se non psichiatrici o di forme di dipendenza serie; al potenziamento dei sistemi di illuminazione pubblica e di pulizia delle strade; allo stop alla destinazione a bed e breakfast, a bar, ristoranti e strutture alberghiere e negozi, che in questi anni hanno indotto alla migrazione forzata di tanti residenti; al dialogo e alla cooperazione rafforzati che occorre stabilire tra forze dell’ordine e il tessuto sociale, lavorativo e residenziale. Tutto ciò però risulterà impossibile se non si partirà dal riconoscere che i più fragili non sono i nemici ma persone di cui prendersi cura tutti insieme, e non privandoli dei luoghi di accoglienza, di cura e di accompagnamento che sono ad oggi l’unico deterrente alle condizioni di abbandono in cui troppi oggi vivono ingiustamente in questo quadrante della città.

 

Giustino Trincia

Direttore Caritas diocesana di Roma