Andare oltre il ricordo verso una città della speranza

Che cosa rappresenta oggi il Convegno “I mali di Roma”? Perché celebrarlo in modo così partecipato e desiderato? Se il ricordo coinvolge un numero così ampio di persone, nella Chiesa e in molteplici ambienti e anche tra tanti singoli cittadini, alcuni nemmeno nati nel 1974 o giovanissimi, è perché in qualche modo quell’avvenimento storico ci parla ancora.

Arriviamo a celebrare questo anniversario nel mezzo del cammino sinodale della nostra Chiesa: abbiamo ascoltato per due anni la nostra città – le sue grida – e ci accingiamo a intraprendere una fase di discernimento. Si cercherà di fare tesoro di quella esperienza guardando al presente e di attuare tre suoi insegnamenti. Quello pastorale, di una comunità corresponsabile nella Chiesa e nella città; il secondo è la capacità di leggere e interpretare la realtà, dal punto di vista dei poveri, di chi è ai margini, fino a farne una conoscenza comune e condivisa; un terzo riguarda il metodo, la partecipazione diffusa in un processo aperto alle comunità ecclesiali, alle reti della società civile e ai diversi poli di responsabilità, nella chiesa e nella città.

Il tema di allora che oggi più ci interpella è quello del rilancio della partecipazione: aiutare i romani a trovare nuove motivazioni verso l’impegno e la corresponsabilità e a riscoprire l’orgoglio di appartenere ad una delle città più belle del mondo, quanto a cultura, a tradizioni religiose e civili e a calore umano. È l’unica strada percorribile per evitare che la complessità del nostro tempo prenda il sopravvento, esaltando quel paradigma economico-finanziario e tecnologico che mette in discussione il valore assoluto di ogni vita umana e attribuisce ai poveri la responsabilità della loro condizione.

Dall’ascolto della città degli ultimi anni sono emerse alcune forti grida di dolore – il volto più concreto di quelle richieste di giustizia e di carità rimaste spesso disattese per decenni – riassumibili in un’unica e profonda denuncia delle troppe disuguaglianze che Roma vive e che trovano la massima visibilità soprattutto nel campo dell’educazione, della salute, del lavoro e dell’abitare. Si tratta di quattro ambiti esemplificativi emersi nel percorso chiamato “Il grido della città” che la Diocesi ha realizzato coinvolgendo le comunità parrocchiali.

Nei prossimi mesi cercheremo di riproporre un percorso di ascolto e di confronto con la città con quattro incontri in luoghi simbolici – scuole di periferie, case popolari, ospedali, luoghi di lavoro – coinvolgendo anche le istituzioni, il mondo del lavoro e delle imprese, gli educatori, il personale sanitario, il Terzo Settore e le tante comunità parrocchiali e cercando di far emergere anche proposte, suggerimenti e buone pratiche per il bene della comunità cittadina.

Un percorso che superi le tante città “parallele” – gli italiani e gli stranieri; i residenti e i non residenti; i giovani e dagli anziani; gli uomini e le donne -, ma che sia caratterizzato da un approccio interculturale e intergenerazionale in una metropoli fatta di persone e di famiglie provenienti da tanti paesi nel mondo che sotto lo stesso cielo vivono ormai le stesse criticità o difficoltà.                                                                                    

Andare oltre il ricordo significa impegnarsi tutti per far diventare Roma “città della speranza”, come Papa Francesco ci invitava a prepararla a diventare, il 31 dicembre scorso nella preghiera del Te Deum di ringraziamento per l’anno trascorso.”

L’intervento di Giustino Trincia, direttore della Caritas diocesana di Roma, alla conferenza stampa di presentazione del convegno “Disuguaglianze: a 50 anni dal convegno sui Mali di Roma”