«Occorre divenire capaci di ascoltare il dolore nascosto»

Come ogni anno dal 1992, il 10 ottobre è dedicato alla Giornata mondiale della salute mentale. Istituita per iniziativa di Richard Hunter, vice Segretario Generale della Federazione mondiale per la salute mentale (WFMH), è riconosciuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dalle Nazioni Unite (ONU) e voluta per sensibilizzare e informare sui problemi delle persone che vivono una condizione di sofferenza mentale, coinvolgendo Istituzioni e società civile per promuovere la consapevolezza su questioni e nodi irrisolti e la difesa della salute contro ogni stigma sociale. 

Dal 1994 la Giornata pone l’attenzione su un particolare aspetto riguardante la salute mentale e approfondisce un tema specifico che muta ogni anno. Per il 2022 il focus scelto è “Rendere la salute mentale e il benessere per tutti una priorità globale”, per farla riconoscere e crescere come un bene comune.

L’esperienza collettiva della pandemia da Covid 19 ha fatto emergere e acuito le troppe disuguaglianze territoriali e sociali: la frammentarietà delle aree metropolitane, l’anonimato dei quartieri cittadini, la solitudine, la crisi economica diffusa e generalizzata, stanno penalizzando e discriminando le fasce più deboli della popolazione con gravi ricadute sulla loro salute mentale.

La stigmatizzazione, la discriminazione, l’esclusione e il mancato rispetto dei diritti umani e della dignità delle persone affette da patologie mentali devono cessare e solo un grande movimento e un’alleanza tra utenti, familiari, operatori, istituzioni, società civile può condurre al superamento di queste inaccettabili barriere e migliorare la qualità della vita di ciascuno. 

Si sollecitano in modo particolare le comunità parrocchiali ad impegnarsi per sconfiggere il pregiudizio, rompere l’isolamento ed allargare i confini. L’attenzione alla persona è prioritaria per riaffermare la dignità di ogni essere umano “sempre e comunque” icona di Cristo. Riconoscere centralità ed unicità della persona malata è quello che siamo chiamati a fare e vivere ogni giorno.

Occorre divenire capaci di ascoltare il dolore nascosto, taciuto da quanti non hanno la forza di chiedere aiuto e faticano a dare senso e significato alle loro esistenze. Saper leggere la solitudine e la sofferenza che sempre più accompagna la vita delle persone, deve diventare stile di vita, autentica solidarietà e apertura vera alla condivisione.

Ogni cristiano è chiamato ad avvicinarsi all’altro in difficoltà/condizione di fragilità testimoniando “la tenera misericordia del Signore” che è dolcezza, affetto, premura, ascolto, dedizione. Ancor più oggi è valida l’esortazione dell’allora Papa Benedetto XVI (per la Giornata del malato 2006 dedicata alla salute mentale): “DUC IN ALTUM”, prendere il largo, andare avanti ed oltre perché cresca e si diffonda la cultura dell’accoglienza della persona malata di mente, grazie anche a leggi appropriate ai bisogni di salute e a Piani sanitari regionali che prevedano adeguate risorse per la loro concreta applicazione. Le Istituzioni hanno il dovere di dare risposte conformi ed eque non solo a chi sta male e alle loro famiglie ma anche agli operatori che se ne prendono cura, lasciati sempre più a lavorare in condizioni di difficoltà e frustrazione.

La cura delle malattie mentali costituisce una sfida complessa per il nostro sistema sanitario nazionale e regionale perché richiede un intervento multidisciplinare volto al pieno reinserimento sociale del paziente e un ruolo di primo piano lo svolge il territorio e le sue reti.

E’ necessario invertire la rotta di una politica che negli ultimi anni ha indebolito i Servizi dedicati alla salute mentale: vanno rilanciate e rafforzate le attività dei Servizi ambulatoriali (CSM), di quelli ospedalieri (SPDC e DH), dei Centri diurni e delle Cooperative integrate di tipo B.

Va sottolineato come sia purtroppo ancora inapplicato e di stretta attualità il primo tema specifico affrontato nel 1994 “Migliorare la qualità dei Servizi della salute mentale in tutto il mondo”.

Porre fine a trattamenti e cure disumane e degradanti (come la contenzione selvaggia) deve essere una priorità non più rinviabile, adottando norme vincolanti sui diritti umani che siano conformi a quanto dichiarato dalle Nazioni Unite. Va anche rimodulato il rapporto tra mezzi d’informazione e salute mentale: sempre più i messaggi che i media offrono rispetto ai malati di mente tendono ad esaltare la loro “pericolosità”, evidenziando in modo strumentale le azioni drammatiche che accadono ed evitando di dar risalto a notizie di “speranza” (abilità lavorative, recuperata autonomia, percentuali di guarigioni, ecc).

Questo anno il cammino sinodale ci offre la riflessione/azione in Cantieri sulla strada, nella casa, nella diaconia di ciascuno e della comunità, e in questa ottica la Caritas diocesana di Roma vuole sostenere le famiglie che sperimentano quotidianamente la sofferenza mentale con un’azione di ascolto e di condivisione: per questo ci incontreremo entro il mese di novembre. Nel contempo si vuole attivare la comunità promuovendo una formazione a vari livelli e attraverso iniziative di sensibilizzazione e solidarietà si vuole diffondere il concetto di curabilità dei disturbi mentali formando un volontariato consapevole, informato e sollecito.

Daniela Pezzi
Area sanitaria Caritas di Roma