Silvia e gli altri: una scelta di futuro, libertà ed entusiasmo

silvia-750x430Non conosco Silvia ma conosco molti ragazzi come lei. Quasi tutti, senza scomodare famosi editorialisti, si sono sentiti dire, prima di partire, da amici, familiari, vicini di pianerottolo le stesse cose un po’ scontate, un po’ calcolate e un po’ inutili. “Perché parti con tutto quello che c’è da fare qui?”. La banalità è sempre in agguato e va temuta, specialmente in momenti di pensiero uniforme. La cosa è molto più semplice. Una ragazza cerca nel suo percorso di vita di vivere una dimensione di autenticità e si mette in gioco per farlo. Sente che quello per lei è un sentiero da percorrere. Senza chieder nulla a nessuno o permessi all’opinione pubblica, la quale a sua volta non chiede permessi a lei per manifestare i suoi disappunti rispetto al come al dove e al perché decide di farlo.
Il resto è linguaggio povero e un po’ stantio che mischia carità, buonismo, giudizio, presunzione, bambini poveri ed esotismo. Non ce la facciamo ad entrare nella prospettiva di chi si apre al mondo non solo per fare affari, che rielabora contraddizioni inique tentando di fermarle senza accettare la logica della violenza, che non teme l’incontro con l’altro ma lo va a trovare, a casa sua, per conoscerlo e per capire. La storia di Silvia e di quelli come lei ci sbattono davanti la nostra povertà di idee e la nostra esaurita visione delle speranze; abbiamo abdicato a parole come rispetto, servizio, disponibilità, dubbio, ascolto. Le abbiamo mollate in cambio di una visione senza orizzonti chiusa in una scatola grigia fatta di respiri affannosi.
E allora chi le propone è fuori dal cerchio e diventa pericoloso e nocivo. Pericoloso perché ribalta la nostra storia e i nostri castelli di carta rivelandone la pochezza di ideali e di visioni, e nocivo perché la sua scelta costa alla comunità in termini emotivi, e qualcuno teme anche economici. Questa paura è un segnale nitido delle contraddizioni che quelli come Silvia ci mettono davanti. Paghiamo riscatti continui a chi ci prospetta un futuro di violenza e di odio ma siamo terrorizzati all’ipotesi di doverlo fare per chi sta provando a disegnare un futuro un po’ più giusto e un po’ più umano.
Silvia e gli altri come lei sono ragazzi che si sono presi solo il diritto di vivere una scelta di futuro, di libertà e di entusiasmo. Tre cose che noi grandi dovremmo con nostalgia ricordare e con saggezza custodire.

Oliviero Bettinelli
responsabile Area Pace e Mondialità, Caritas diocesana di Roma