Gioco d’azzardo, quando l’ipocrisia si veste di finalità sociale

MosèÈ fine gennaio quando quotidiani e telegiornali riferiscono la notizia della conclusione dei lavori di restauro del Mosè di Michelangelo presso la Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, e dell’inaugurazione di una nuova illuminazione.

Più che l’intervento svolto dalla Sovrintendenza speciale per il Colosseo e l’area archeologica di Roma, a fare notizia è proprio questo nuovo sistema di luci, che dovrebbe riprodurre le condizioni di quando l’opera fu progettata dall’artista, sfruttando una finestra laterale oggi chiusa.

“Il Mosè di Michelangelo ritrova la sua luce”; “Il Mosè di Michelangelo torna a splendere di luce naturale”: sono solo alcuni esempi dei titoli che hanno accompagnato la novità.

L’enfasi è dovuta anche alle modalità di finanziamento del lavoro. Come esplicitamente affermato nel lancio della notizia da parte di un’agenzia di stampa, il Comune di Roma ha fatto moltissimo in questi anni per attrarre donatori e mecenati per ‘curare’ le antichità romane (Adnkrons, Illuminazione naturale per il Mosè di Michelangelo, 24.01.2017).

Chi è dunque in questo caso ad aver curato il Mosè di Michelangelo? La risposta è: Lottomatica Holding, la società per azioni titolare delle concessioni del lotto, superenalotto e simili, di lotterie e gratta e vinci, di scommesse sportive, bingo, poker, casinò games, slot machines.

Insomma, una società – con sede fiscale a Londra –  ben nota in Italia per la commercializzazione di quei prodotti che, secondo gli unici dati tuttora a disposizione benché ormai fermi al 2009, hanno indotto a comportamenti patologici un numero di persone stimato tra 302.000 e 1milione e 300mila e a una condizione di gioco d’azzardo problematico tra 767.000 e 1milione 329mila ulteriore di italiani.

Per avere un quadro più recente, anche se inevitabilmente frammentato, si può attingere alle cronache locali: a Firenze nel corso del 2015 i servizi dipartimentali pubblici hanno prese in carico 222 persone dipendenti dal gioco d’azzardo a fronte di 123 nel 2010, con un aumento dell’80% in cinque anni; a Latina, solo nel corso del 2016, si sono rivolte a uno sportello per la cura del gioco d’azzardo patologico 75 persone (senza dunque considerare quelle che si sono rivolte altrove); nel territorio della bergamasca vengono stimati 5.000 giocatori patologici.

Se Lottomatica cura il Mosè di Michelangelo, chi cura quanti cadono nella spirale del gioco d’azzardo andando incontro alla rovina economica, familiare e sociale?

È vero, si tratta di notizie che intuitivamente sembrano collocarsi su piani differenti. Eppure, non è così, perché il concetto di responsabilità si applica alle conseguenze di ciò che si fa. Lottomatica, così come altre multinazionali dell’azzardo, collocano questo genere di iniziativa sotto il vessillo della responsabilità sociale d’impresa. A volte promuovono persino programmi di prevenzione del gioco d’azzardo patologico. Lo Stato, che dal gioco d’azzardo nel 2016 ha ricavato oltre 9,8 miliardi di euro, ha la proprietà della Basilica di San Pietro in Vincoli. Dunque non può sfuggire la contraddizione.

Papa Francesco si è espresso chiaramente appena un paio di mesi fa. Rivolgendosi ai rappresentanti del Movimento dei Focolari, che da tempo si sono mobilitati contro gli inganni del gioco d’azzardo e per promuovere scelte controcorrente, il Pontefice ha osservato a chiare lettere: “le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine. Questa è l’ipocrisia!” (Discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti all’incontro “Economia di comunione”, promosso dal Movimento dei Focolari, 04.02.2017).

Ipocrisia. In un’omelia a Casa Santa Marta, Papa Francesco la definisce il “lievito dei farisei”. “È una divisione interna, l’ipocrisia. Si dice una cosa e si fa un’altra. È una sorta di schizofrenia spirituale (Radio Vaticana, “Dirsi sempre la verità per non cadere nell’ipocrisia”, 14.10.206).

La schizofrenia appare chiara laddove il denaro di migliaia di giocatori d’azzardo persi dietro la rincorsa di una vincita riappare sotto forma di azioni filantropiche.

Qualcuno potrebbe dire: meglio così che in altro modo. Ma è davvero filantropia? In questi giorni ci è offerto un chiaro indizio. La locandina riporta l’immagine del Mosè modificata da un effetto grafico che la fa sembrare una foto da social network. L’invito è per due conferenze tenute da un noto architetto sull’opera di Michelangelo. Le date sono due numeri dentro un cerchio, sono numeri del lotto. Un’opera conosciuta in tutto il mondo, parte del patrimonio culturale e artistico italiano, diventa un veicolo di promozione del gioco d’azzardo. Risulta straniante, tanto quanto l’accostamento tra la filantropia delle società dell’azzardo e le ricadute perverse che questa pratica ha sulle persone. Eppure, sono entrambi dati di fatto.