Visitare gli infermi: camminare, accogliere, incontrare

Anziana assistita da volontaria  CaritasCamminare, visitare, incontrare, curare. Sono queste alcune parole chiave, anzi verbi dell’agire, nella declinazione dell’opera di misericordia “visitare gli infermi”. Pur parlando in senso lato di malati, le azioni più importanti sono le prime tre.

Nei Vangeli troviamo spesso Gesù che incontra i malati, li ascolta, li cura e li guarisce. Eppure a noi chiede “semplicemente” di visitarli: andare da loro ed entrare in relazione. La prassi predicativa di Gesù è sempre stata connotata dal camminare, dallo spostarsi e prediligendo l’andare a casa delle persone o nei luoghi dove esse vivono anche nelle pieghe della società, per sostare con loro e, nell’intimità che rappresenta il domicilio anche solo temporaneo e virtuale, far avvenire un incontro ed instaurare una relazione.

Nell’agire pedagogico-pastorale, visitare è la scelta privilegiata di essere presenza, che cerca ed esce; che varca una porta dove risiede spesso la paura e la solitudine, all’interno di una malattia, fisica, psichica, spirituale e sociale. Visitare è il segno della scomodità, che fa compiere passi in avanti nella relazione di prossimità. Visitare è un messaggio sociale di forte innovatività, in quanto usa il tempo in senso dinamico, come occasione di conoscenza, attraverso l’intimo racconto di sé, delle proprie fragilità umane e della paura della malattia e della morte: allo stesso tempo, però, è anche uno stimolo pastorale improcrastinabile, per esprimere il senso ontologico di una chiesa pellegrina e sempre in movimento. Visitare è aprire uno spazio di coabitazione dove il visitante e il visitato si incontrano su un piano condiviso di relazione, si conoscono, avviano percorsi di inclusione, o almeno di disponibilità ad essa, e in alcuni casi di cura.

Pensiamo alle nostre esperienze di malattia e cosa apprezziamo dell’atteggiamento del medico: certamente deve essere un buon medico professionalmente parlando ma, soprattutto di fronte a quelle malattie complicate, lunghe, debilitanti fisicamente o incomprensibili per le implicazioni nella mente, ci aspettiamo un medico che ci capisca, capisca il nostro vivere la malattia (illness) direttamente o indirettamente (quella dei nostri cari), ci sappia ascoltare e, oltre alle cure, quanto possibili, ci sappia parlare non come un trattato di medicina o con definizioni da wikipedia (disease): in una parola ci “visiti” nelle declinazioni dell’ascolto e della relazione.

Il visitare però diviene impegno per tutti, ognuno con le proprie possibilità e disponibilità. E diviene anche impegno politico e pastorale. Le riforme sociali moderne del Welfare, la Riforma del Concilio, unitamente al nuovo impulso dato da Papa Francesco, hanno messo in evidenza la centralità della Persona, dei suoi bisogni, di una vita di relazioni che vanno dal curing al caring; cioè di una prassi che prenda insieme e ascolti, accolga e sostenga non solo una parte ma tutta l’umanità ferita all’interno di un individuo e del suo contesto. Lo sviluppo di azioni, quali l’accogliere e il visitare diverse persone affette da malattie de-socializzanti oggi largamente presenti, è lo scenario su cui investire risorse pastorali, professionali, di volontariato e di prossimità di territorio e le coinvolga diffusamente, attraverso un’azione animativa nelle comunità locali.

Massimo e Salvatore
operatori Caritas