Maltempo: l’accoglienza nelle parrocchie romane

Sedici le comunità parrocchiali che, in modi diversi, accolgono i senza dimora nei mesi più freddi dell’anno

È un’accoglienza diffusa e di prossimità, che va oltre l’ondata di freddo eccezionale degli ultimi giorni, quella che vede protagoniste le parrocchie romane a favore dei senza dimora. Sono sedici le comunità che, durante l’inverno, ospitano nelle strutture a loro disposizione quanti vivono all’addiaccio. «Un’esperienza – spiega monsignor Angelo Bergamaschi, vicedirettore della Caritas diocesana – nata con il Giubileo del 2000, quando come Caritas lanciammo un appello alle parrocchie per chiedere di accogliere i senza tetto con lo stesso spirito di servizio con cui vennero ospitati migliaia pellegrini».

“Senza casa, senza storia” era il titolo della lettera che arrivò a tutti i parroci e che, all’epoca, vide una vera e propria mobilitazione. A ricordarlo è Don Stefano Meloni, parroco di Santa Maria Madre della Misericordia che, allora vice da poco arrivato, mise in piedi la prima struttura di accoglienza aiutato anche dalle Suore della carità. Si trattava di pochi posti letto per i mesi più freddi dell’anno. «Attualmente – spiega Don Stefano – ospitiamo 20 persone, per periodi più o meno lunghi, dando la priorità agli anziani del quartiere e a coloro che ci vengono indicati dalle Caritas parrocchiali». Il centro di accoglienza, che viene chiuso soltanto nei mesi di luglio e agosto, oltre a Santa Maria fa riferimento ad altre cinque realtà parrocchiali – San Barnaba, San Leone, San Luca, Sant’Agapito e il Santissimo Sacramento – che collaborano nella gestione con circa cento volontari che si alternano.
«Non è soltanto un’esperienza ristretta a quanti vi operano – sottolinea il parroco – perché con gli anni abbiamo sempre più coinvolto le sei comunità parrocchiali con la colletta domenicale, per la donazione di abiti e alimenti, ma anche organizzando esperienze di servizio e animazione con i gruppi giovanili».

Una vicenda simile è quella della parrocchia di San Giustino dove, in uno degli spogliatoi del centro sportivo dell’oratorio, trovano riparo ogni notte sei senza dimora, tutti uomini. Nel 2002, dopo la morte in strada di un homeless del quartiere che scosse le coscienze della comunità, venne aperto il centro grazie alla disponibilità di un gruppo di volontari coordinati da Piero Mele, della Caritas parrocchiale. «Accogliamo persone – ci dice Mele – che ci vengono indicate dall’Ostello diocesano “Don Luigi Di Liegro” e per le quali provvediamo al pernottamento ed alla colazione». La collaborazione con la struttura diocesana avviene anche nell’allestimento del locale con letti e altre attrezzatura per permettere, da dicembre ad aprile, di destinarlo a dormitorio. «Un aiuto che va oltre gli aspetti tecnici – sottolinea Mele – e che ci permette di fare questa esperienza con il supporto di operatori professionali che ci consigliano su come relazionarci con gli ospiti».
Punto di forza del lavoro a San Giustino è il coinvolgimento dell’oratorio nell’animazione del centro di accoglienza. «Tutte le classi – spiega il coordinatore – nel corso del periodo di apertura effettuano un’esperienza. Per i più grandi si tratta di un servizio di volontariato mentre i bambini hanno un contatto con gli ospiti per conoscerli».

Altra storica esperienza nella Capitale è quella della parrocchia di Ognissanti in Via Appia, dove un gruppo di 90 volontari della Caritas e della San Vincenzo ogni anno allestiscono l’ospitalità per 18 donne accolte ogni notte presso l’ex scuola “San Filippo Neri”. Tre sale dormitorio, un locale mensa e una stanza con televisore per un’accoglienza che va dalle 16.30 alle ore 9 del mattino successivo. «Fondamentale è il lavoro del volontariato», spiega Maria Antonelli, una delle responsabili del Centro. «Con l’aiuto di molti giovani, tanti universitari, riusciamo anche a distribuire 120 pasti due volte alla settimana».

Esperienze significative sono anche quelle di San Giuseppe Moscati e, ad Ostia, di Santa Monica; mentre “segni di testimonianza” si hanno nelle comunità parrocchiali di San Pio V, San Frumenzio, San Liborio e San Girolamo Emiliani dove si accolgono una o al massimo due persone, a seconda della disponibilità.

(articolo tratto da Romasette del 12/2/2012)